1942-'43: Quasi un disastro

Inizio 4 ottobre 1942, ultima giornata 25 aprile 1943. Formula inalterata.
Campione d'Italia il Torino p. 44. Seguono Livorno 43, Juve 37, Ambrosiana 34 ecc. Roma al nono posto p. 28 alla pari con la Lazio e l'Atalanta.
Squadra titolare: Masetti, Brunella, Andreoli, Donati, Mornese, Bonomi, Krieziu, Cappellini, p,nadei, Coscia, Pantò. Rincalzi e riserve: Ippoliti, Biason, Acerm, Dagianti, Benedetti, Santunione. Allenatore: Schaffer; dal 12 dicembre 1942 l'ungherese Kertesz. Stadio di Via Flaminia.
Partite vinte 12, pareggiate 4, perdute 14. Gol segnati 34, incassati 47. Capocannoniere: Amadei, 14 gol. .
In Coppa Italia la Roma arrivò alle semifì:nali.'Opposta quindi al Torino (già in pratica campione) sul campo granata, si verificarono deplorevoli incidenti che portarono prima alla sospensione della gara (arbitro Piziolo) data vinta ai granata, poi alla squalifica a vita di Amadei che pagò per qualche tempo le colpe di un compagno.

Se avete scorso i nomi dei titolari vi sarete accorti che c'erano proprio tutti i giocatori che pochi mesi prima avevano vinto, meritandolo, lo scudetto di cui si fregiavano. Purtroppo alle prime difficoltà non seppero onorarIo. Diciamoci la verità: non vi sono attenuanti. Le squadre fuori dal giro delle «grandi» che vincono un campionato, difficilmente lo confermano la stagione successiva. Il colpaccio è frutto di favorevoli contingenze, della forma strepitosa anche di un solo giocatore (vedi Gigi Riva nel Cagliari) e della indispensabile fortuna. Ma se il bis non riesce, il titolo è almeno difeso fino in fondo con accanimento e decoro. Gli esempi sono sulla bocca di tutti. La Roma fu un'eccezione, purtroppo. Da una stagione all'altra, dalle stelle alle stalle. Eppure, insistiamo, la squadra era identica. aveva anzi ottenuto qualche discreto rincalzo. Come si spiega?
Nessuno seppe stabilirlo con certezza. Non resse l'ipotesi delle crescenti ansietà per lo stato di guerra con i suoi paurosi imprevisti. Semmai essi potevano turbare più gravemente le consorelle tenute in allarme da bombardamenti aerei in crescente intensità. Biancone individuò la crisi nel crollo morale dell'allenatore per motivi di famiglia (la moglie in Germania era terrorizzata) che lo indussero a lasciare la squadra e l'Italia nel mese di dicembre. Il sostituto, che già operava a Roma in una squadra minore, varò da un giorno all'altro il «sistema» e affrettò così la distruzione del complesso. Altri ritennero i giallorossi scarichi per la lunga tensione del torneo vittorioso, con l'aggravante della flessione fisica dei più anziani. Può esservi del vero.
Ma siamo forse più vicini alla realtà se azzardiamo che la colpa maggiore fu del Torino. Il suo presidente, Ferruccio Novo. con l'acquisto del tandem Mazzola-Loik (un milione e rotti pagati al Venezia) aveva dato la pennellata magistrale alla, formazione. Nasceva il «Grande Torino» rimasto nella leggenda e brutalmente distrutto nella sciagura aerea sul colle di Superga (4 maggio 1949). Quando alla quinta giornata del torneo (1/11/42) lo squadrone granata era calato a Roma, si sapeva che sarebbe stata dura benché i giallo rossi non fossero partiti male (quattro partite-sei punti). Ma nessuno poteva pensare che i campioni in carica sarebbero crollati subendo la vergogna di un 4-0.
L'Italia calcistica che con lo scudetto a una squadra della capitale non si era divertita, gongolò abbandonandosi a una risata omerica. Fu proprio una bastonata sulla nuca. Due settimane dopo, Lazio-Roma 3-1; poi Roma-Ambrosiana 1-3 e passò il Livorno, passò la Juve, passò la Triestina. Si potrebbe continuare, ma facciamo così: diciamo, con Shakespeare, che il resto è silenzio. D'altronde i rovesci militari soffocarono alla svelta ogni polemica. Presto, con i tedeschi tracotanti in casa e i marocchini in arrivo, tutto apparve remoto e perfino inconcepibile.

Tratto dal libro AS Roma da Testaccio all'Olimpico (libro edito nel 1977)

 

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